Brevi flash sull'economia della conoscenza. Tratti dal bellissimo libro "L'economia della conoscenza oltre il capitalismo" di Grazzini .
E se la componente crescente dell'economia della conoscenza, che induce fallimenti di mercato a raffica, a causa delle sue caratteristiche intrinseche di produrre beni non rivali, riproducibili all'infinito, a costi di riproduzione tendenti a zero, fondata sulla condivisione e non sulla competizione, sulla diffusione più ampia, moltiplicativa etc., fosse ormai entrata di prepotenza in rotta di collisione con l'economia "materiale"?
O meglio. Se fosse in antagonismo radicale con le modalità e le pretese di controllo che le gerarchie prodotte dagli assetti di gestione dell'economia, così come di recente l'abbiamo vista?
Potrebbe essere una fanfaluca primaverile, ma se la crisi finanziaria potesse essere letta come una "nemesi" della conoscenza (la facilità di riproduzione di algoritmi ultrasemplificati rispetto alla realtà complessa di cui cercavano di calcolare i rischi) verso la faciloneria dei vari consigli di amministrazione dei vari Fondi di investimento e di Pensione, etc.
Faciloneria avallata da una perversione a-scientifica della visione neo-classica dell'economia, che portava a sottovalutare la complessità del reale.
Insomma, se proprio la estrema difficoltà di calcolare i prezzi, sempre più indeterminati, nella fase di immissione di prodotti "fabbricati" nel nuovo contesto dove l'immateriale non è calcolabile, ed è sganciato dai costi di produzione, fosse stata la talpa che ha scavato sotto i consigli di amministrazione delle banche e delle assicurazioni?
E se...?
E se la componente crescente dell'economia della conoscenza, che induce fallimenti di mercato a raffica, a causa delle sue caratteristiche intrinseche di produrre beni non rivali, riproducibili all'infinito, a costi di riproduzione tendenti a zero, fondata sulla condivisione e non sulla competizione, sulla diffusione più ampia, moltiplicativa etc., fosse ormai entrata di prepotenza in rotta di collisione con l'economia "materiale"?
O meglio. Se fosse in antagonismo radicale con le modalità e le pretese di controllo che le gerarchie prodotte dagli assetti di gestione dell'economia, così come di recente l'abbiamo vista?
Potrebbe essere una fanfaluca primaverile, ma se la crisi finanziaria potesse essere letta come una "nemesi" della conoscenza (la facilità di riproduzione di algoritmi ultrasemplificati rispetto alla realtà complessa di cui cercavano di calcolare i rischi) verso la faciloneria dei vari consigli di amministrazione dei vari Fondi di investimento e di Pensione, etc.
Faciloneria avallata da una perversione a-scientifica della visione neo-classica dell'economia, che portava a sottovalutare la complessità del reale.
Insomma, se proprio la estrema difficoltà di calcolare i prezzi, sempre più indeterminati, nella fase di immissione di prodotti "fabbricati" nel nuovo contesto dove l'immateriale non è calcolabile, ed è sganciato dai costi di produzione, fosse stata la talpa che ha scavato sotto i consigli di amministrazione delle banche e delle assicurazioni?
E se...?
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